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domenica 31 agosto 2014

Il flash mob del Palaeur

Iniziativa niente male, direttamente da Facebook. La campagna abbonamenti della Virtus è partita da qualche giorno, se si arriva a 2400 abbonati si torna al Palaeur. Chi si sta impegnando per far sì che ciò accada, si raduna qui:



Un anno e mezzo fa, si faceva un flash mob all'Eur per festeggiare il trentennale dello scudetto. Due anni e mezzo fa, si manifestava a Piazza Santi Apostoli per evitare che la Virtus sparisse. Noi c'eravamo in entrambe le occasioni e ci saremo anche stavolta. 

Se poi, in fin dei conti, volete sapere anche la storia di quando la Virtus andò al Palaeur e di quello che ci ha vinto, c'è sempre "Banco! L'urlo del Palaeur"





sabato 30 agosto 2014

Le Filippine, cioè Raymond Townsend (30 anni fa...)



Mentre scriviamo, sono in campo le Filippine contro la Croazia. Nelle Filippine, ancora oggi è un idolo colui che loro definiscono “il primo filippino in Nba”. Non è proprio filippino, lo era la madre. Lui è americano. E' Raymond Townsend, che proprio 30 anni fa stava disputando il precampionato con il Bancoroma.

Così lo ha descritto Paolo Viberti su Superbasket, in un pezzo di alta scuola dopo la vittoria in Coppa Intercontinentale:

Prima di vivere iI giornalismo, mi dedicavo a tutt'altro. Dopo I'Università avevo intrapreso la carriera di insegnante di lettere. Cominciai con incarichi saltuari, poi mi sorprese iI desiderio del matrimonio. Cercai denaro sicuro, mi si offrì l'occasione di entrare in un quotidiano sportivo come redattore. Accettai, misi da parte iI giusto ma il matrimonio saltò... Nella mia vita di allora c'era spazio per lo sport (Ietto e praticato). Dei giornalisti (queIli che oggi sono i miei colleghi) non sopportavo due cose. La presunzione dl iniziare ogni eventuale commento al microfono di un quaIsiasi radio-telecronista con I'enfatico «sul mio giornale ho scritto» e la volgare tendenza a considerare «amico» il calciatore intervistato, o il cestista, il nuotatore, fate voi... Parlando di Raymond Townsend sarei tentato di commettere il doppio peccato che tanto m'infastidiva anni fa. Vorrei davvero servirmi dell'antipatico «sul mio giornale ho scritto» o del vanitoso iI mio amico Raymond». Se non lo faccio è solo per non sconfessare iI mio passato e per non suscitare antipatie. La realtà, comunque, mi suggerirebbe un atteggiamento diverso: sono permeabile alle emozioni, mi ritengo persino un po' ingenuo, volutamente naif. Mi stuzzicano coloro che si presentano con una personalità particolare, anche se spesso non so riconoscere forma da contenuto. Raymond Townsend, ad ogni buon conto, mi ha sufficientemente stupito. AI punto tale, forse, da meritarsi quell'appellativo simpatico-antipatico di «amico».

C'è forse un pizzico di velleitarismo in tutto ciò. L'amicizia, lo so benissimo, è merce rara, coltivata alacremente nei corridoi di un liceo (o di una scuola qualsiasi...) più che sulle poltrone di un DC10 International della Varig, diretto magari a Rio de Janeiro. Eppure, se l'interlocutore si chiama Raymond Townsend, c'è iI rischio che il mio cinismo vaccinato subisca una scossa, un... vuoto d'aria metaforico e non. Perché il buon Raymond - o almeno la sua esistenza, il suo modo di porsi al cospetto del mondo - merita questo tentennamento, questo cogito. Ancora una volta, iI dubbio è sintomo di vita...

Townsend è il sostituto di Wright. Questo, almeno, dicono le guide ufficiaIi che la Lega ha divulgato a tutte le società e ai mass media. Un'investitura onerosa, impegnativa, perchè Wright è difficile da dimenticare, perchè Wright ha fatto la fortuna del Banco. Townsend lo sa, ma conosce altrettanto bene i dettami fondamentali che stanno alla base della sua filosofia di vita. Non starò qui a ripetere quello che già altri hanno detto (è questo un modo carino per evitare lo sgraziato «sui mio giornale ho scritto»). Townsend altruista, Townsend teologo,Townsend fervido credente, Townsend chiamato da Dio, Townsend generoso sino all'annichilimento del proprio io, Townsend commovente... Vorrei solo proporre alcuni quadretti del Townsend che conosco io, del Townsend che mi si è presentato in Brasile in occasione della Coppa Intercontinentale. Viene dal Brasile, per il calciofilo sarebbe una specie di Pelè del parquet. E' raro incontrare un americano che ti si fa incontro in aeroporto – senza averti mai visto prima - per chiederti chi sei, come stai, perchè fai parte anche tu della comitiva. E' quasi impossibile, poi - mentre cerchi di mettere insieme frasi sensate in americano- che questo qualcuno ti interrompa, chiedendoti di parlare in italiano, perché lui vuole imparare la tua lingua. Nel nostro mestiere di accalappia notizie molto spesso si è costretti a fare spallucce al cospetto di personaggi aridi, senza prospettive, privi di identità particolari. Con Raymond non c'è stato bisogno di rispolverare antiche retoriche per poter sapere qualcosa di più, qualcosa magari, di poetico, di sofisticato, di genuino.

II lirismo di Townsend ci si è presentato come un dono senza tarli, impacchettato con cura ma semplicemente, persino un po' fragile, da aprire con cura. Voglio ribadire il mio idealismo e la mia ingenuità: non saprei riconoscere un angelo da un carnefice se mi si presentassero con le stesse sembianze. E' questo iI mio limite e la mia forza. Lo do come postulato della mia esistenza. Townsend per me è la riprova che vale la pena essere curiosi, mettersi in discussione, rodersi nel dubbio. Mi pare, con questo, di sprecare assai meno il mio tempo. Raymond mi parlava della sua vocazione religiosa, della moglie Sharonrose che dovrà restare ancora per un anno in California per conseguire la laurea, della figlioletta di due anni, del suo amore per i cani lupo. Ogni sua frase potrebbe essere un'aforisma: eppure, non riesco a scorgere nulla di curiale nei suoi aprocci dialogici.


Mi dicono che la posizione di Raymond non sia del tutto salda; Bianchini lo vorrebbe più regista e, magari, meno realizzatore. Può darsi che Townsend diventi un nuovo re di Roma come è possibile che venga gettato presto nel dimenticatoio. A me, ricco di sogni, rimarrà sempre iI ricordo di un uomo (ma sì, di un amico...) che mi parlava di Dio con la stessa tranquillità con cui ci si potrebbe riferire al lattaio. Anche in questo, provo a concludere, sta la grandezza del fragile e indistruttibile Raymond...

Se poi volete sapere pregi e difetti di Townsend e come andò la sua stagione, non vi resta che leggere "Banco! L'urlo del Palaeur".